giovedì 1 settembre 2011
Trash al Cinema: Black Sheep
Titolo originale: Black Sheep
Regia: Jonathan King
Nazione: Nuova Zelanda
Durata: 87minuti
Cast: Mattew Chamberlain, Oliver Driver, Tammy Davis, Peter Feeney, Tandi Wright
Che cosa distingue un film trash da un film trash che fa ridere? Be', la sensibilità dei suoi spettatori, direte voi. Sì, ma mettiamo che gli spettatori in questione siano passivi, annoiati, svogliati e poco ricettivi nel cogliere la filosofia malsana che sta dietro a quell'universo da noi amato, altrimenti detto Trash. Allora converrete che occorrerà una buona idea, un buon regista, dei buoni dialoghi, una buona trama ecc ecc. Black sheep (Pecore Assassine) riesce nel clamoroso intento di coniugare i due aspetti. Merito di Jonathan King, regista talmente anonimo nel nome e nella sostanza da non meritare nemmeno uno straccio di pagina Wikipedia (rendendolo dunque ingiocabile al Totomorti) ma capace di partorire un'idea geniale come questo film, vincitore di un premio tanto sconosciuto quanto intrigante come il Corvo d'Argento al Festival del Cinema Fantastico di Bruxelles, che non sarà il Festival del Cinema di Venezia o di Cannes ma che comunque deve avere qualche prestigio, a modo suo. La trama è semplice: in un villaggio della Nuova Zelanda dei ricercatori senza scrupoli combinano un pasticcio genetico rendendo le loro vittime, le pecore, delle sanguinarie assassine da docili animali quali erano. Seguono scene tragicomiche che sono la vera carta vincente del film, come per esempio questa:
La scena, godibilissima, regala alcune perle che mi piacerebbe elencare.
Innanzitutto, King si esalta nell'umiliare la protagonista femminile, una radical-ecologista senza il minimo senso della realtà, costantemente sfottuta lungo il corso della pellicola. Personaggio irrinunciabile, appartenente a quella categoria di persone che il resto del mondo non può e non deve non odiare (mi scuserete per l'eccesso di non e per la macchinosità dell'espressione. Ma se anche non lo faceste, sticazzi). La ragazza, in pericolo di vita, prega infatti il conducente del camioncino di non investire le pecore rivelando così un bieco disprezzo per l'essere umano e un contemporaneo amore ingiustificato per gli animali facendo finta di ignorare che non si tratta di animali ma di esperimenti andati a male. Un +1 per il senso di sopravvivenza mi sembra quantomeno doveroso.
Al minuto 0:59 abbiamo uno di quei momenti che sfuggono certamente durante la prima visione e perciò, quando vengono rivisti, capaci di diventare sequenze cult. Il protagonista maschile è in evidente difficoltà (davanti alla donna che, lo hanno capito tutti dopo venti secondi di film, vuole scoparsi - probabilmente con un ecocondom) con l'accensione di una motosega. Si tratta di un momento drammatico: dentro il camioncino è in corso una feroce battaglia mentre sul camioncino il maschio dà scarsa prova di virilità. Ecco allora che il co-protagonista, tra un morso e l'altro della sua nemica, pronuncia la parola magica. "Premi!", gli intima.
Non so se avete mai avuto a che fare con certe motoseghe ma alcune di loro sono dotate di un sistema d'accensione quantomeno ingegnoso. Prima di attivare la stessa, si deve infatti premere ripetutamente un bottoncino. Solo con quel bottoncino si potrà poi tirare virilmente la corda e scatenare la potenza dell'arnese (che si rivelerà poi inutile ma tant'è). Questo particolare rende una scena potenzialmente penosa in un attimo di pura genialità trash. Tutto sta in quel maledetto ed insignificante bottoncino d'accensione. Magnifico.
Dopo un coinvolgentissimo duello in cui il tizio barbuto sbatte ripetutamente il capo della povera pecora (ecco, l'animalismo colpisce quando meno te l'aspetti) sul cruscotto del camioncino manco fosse Lorena Bianchetti (è un mio sogno, capitemi) ecco la scena clou, il momento principe di tutto il film. Risolto il singolar tenzone con l'ovino, il tizio barbuto (perdonatemi se non ci metto i nomi) sale sul camioncino e raggiunge i prossimi sposini. Ed è a quel punto che sorge spontanea la domanda, naturalmente affidata a quel genio di Sora Natura: "Chi sta guidando?". E come una taglientissima scure, l'ironia di King sposta il suo sguardo all'interno dell'abitacolo dove l'intrepida pecora si è messa alla guida, ignorando totalmente le logiche del film (per tutto il film le pecore attaccano ciecamente e non dimostrano un briciolo di intelligenza) ma regalando un momento di gioia surreal-trash difficilmente ripetibile. Purtroppo per lei, i tre scendono comodamente dal camioncino (anche il cane, con un balzo del tutto innaturale, scende, intuendo che il pericolo è vicino) e la pecora si schianterà irreparabilmente dentro una scarpata. Peraltro, poco dopo, la Sora Natura aggiungerà una nuova figura da imbecille (ma incolpevole) al suo ricchissimo repertorio (siamo ai livelli del campione nazionale di Nascondino funebre, Mike Bongiorno) quando commenta con "Uh, una discesona" proprio quando i due fratelli stanno commentando che è la stessa scarpata dove il padre perse la vita. Insomma, il personaggio ne esce a pezzi.
Non voglio dirvi molto altro sul film per non rovinarvi la magica atmosfera che Black Sheep porta con sé. Vi lascio quindi con questa immagine che non esiterei a definire epica.
Siamo verso la fine. La situazione è praticamente risolta, con la quasi morte del cattivo. Dopo aver visto un bel po' di sangue e budella, il nostro King però non vuole farsi mancare nulla e ci delizia con questa chicca in un momento che si presupponeva tragico. Dato che lo humour non deve mancare al regista, Johnny the King decide di regalarci questo momento di puro orgasmo fetish:
che rinomineremo "un distacco doloroso". (Che poi. Si allungherà veramente così tanto a riposo?)
Queste scarne informazioni vi danno un'idea, almeno indicativa, della demenzialità di questo film. Per il resto vi rimando alla visione di uno dei più grandi capolavori che siano stati proiettati a Bruxelles consigliandovi di non chiedere troppo al film e di calarvi completamente nell'atmosfera a molte miglia della civilizzazione (cit.). L'unica cosa che mi domando è: ma sono i kiwi che generano tutta questo trashume? Se è così dobbiamo assolutamente comprarne una cassa e contattare Simona Ventura al più presto!
P.S. Ho dimenticato la geniale campagna pubblicitaria promossa dalla casa di produzione. Ecco una delle locandine nate dall'idea di qualche mente malsana che mi piacerebbe invitare alla collaborazione con 'il Centipede':
Buona visione a tutti!